Stanchezza cronica detta anche fatigue: sintomi, cause e ricerche.
Se oggi c'è una parola che descrive accuratamente la fatica di vivere, questa è la "fatigue" (si legge fà tig). Si tratta di una condizione che, in alcuni casi, supera per gravità e durata la sensazione di "non farcela" che può colpire chiunque in determinati momenti della propria vita. La fatigue è una compagna di lungo corso, persistente per mesi, talvolta anni, che lascia la vittima completamente priva di energie fisiche e mentali. Spesso è la conseguenza di malattie gravi, come un tumore, una patologia autoimmunitaria o un'infezione, ma può svilupparsi anche in soggetti sani, dando luogo a un quadro clinico definito come "sindrome da stanchezza cronica" (CFS). Questa definizione, tuttavia, divide la comunità medica: alcuni esperti la considerano una nuova malattia, mentre altri la interpretano come uno stato di grave sofferenza psicologica rientrante nel vasto capitolo delle depressioni.
"È indubbio che, per identificare un'eventuale patologia depressiva sottostante, sia necessaria un'accurata valutazione psichiatrica," spiega il dottor Fabrizio Conti della Divisione di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma. "La depressione maggiore rappresenta, infatti, la causa più frequente di affaticamento cronico. Va però sottolineato che, sebbene molti pazienti manifestino disturbi depressivi, i sintomi della CFS non sono semplicemente delle manifestazioni atipiche della depressione maggiore: il mal di gola, la dolorabilità dei linfonodi, i dolori articolari e il malessere dopo uno sforzo, presenti nella sindrome da stanchezza cronica, non sono affatto caratteristici di un disturbo psichiatrico. Inoltre, i pazienti affetti da CFS non presentano i sintomi classici legati alla depressione maggiore, come l'anedonia (incapacità di provare piacere), il senso di colpa e la mancanza di motivazione."
Per cercare di capire di cosa si tratta, bisogna partire dall'inizio. "Con 'fatigue' in genere si intende uno stato di affaticamento tale da compromettere la capacità lavorativa e caratterizzato da una minore efficienza della risposta agli stimoli", spiega Gianfranco Ferrerಠdel Centro Oncoematologico Subalpino dell'Ospedale S. Giovanni Battista di Torino. "Ma i sinonimi utilizzabili in questo caso si sprecano: astenia, debolezza, esaurimento, stanchezza e così via. Tutti per indicare un'entità variabile, sfumata, poco definita negli aspetti come nelle cause". Dunque, la stanchezza è un sintomo comune a molte patologie: infettive, nutrizionali, idroelettrolitiche, reumatologiche, cardiologiche, oncologiche, endocrinologiche, polmonari, gastrointestinali, ematologiche, ginecologiche, neurologiche, psicologiche. Ovviamente è anche l'effetto dello stress da attività fisica protratta, disturbi del sonno e farmaci.
Vediamo prima la fatigue, la stanchezza che si manifesta in correlazione con patologie organiche. Secondo alcuni studi, diversi fattori immunologici e neuroendocrini, come l'attivazione del sistema delle citochine, potrebbero giocare un ruolo cruciale nel suo sviluppo. Le citochine sono sostanze prodotte dalle cellule umane durante i processi infiammatori, come l'interleuchina 6 (IL6), l'interleuchina i-beta (IL-ib), il fattore di necrosi tumorale (TNF), l'interferone, il fattore di crescita trasformante (TGF), responsabili di diverse alterazioni comportamentali quali l'anoressia, la sonnolenza e la letargia.
In pazienti ospedalizzati per infarto miocardico, angioplastica percutanea o bypass aortocoronarico, è emersa una forte correlazione tra i livelli di IL6 e l'astenia. Le malattie infettive acute sono tipicamente accompagnate da sintomi non specifici come febbre, malessere, irritabilità e sonnolenza, che solitamente si risolvono con la guarigione. Nei soggetti in cui questi sintomi persistono, si sviluppa quella che viene chiamata "stanchezza post-infettiva".
La fatica correlata non solo all'esecuzione di uno sforzo minimo, ma anche alla sola idea di compierlo è un'esperienza penosa e frustrante che il malato oncologico deve affrontare nel 50-80% dei casi. Solo negli ultimi anni la stanchezza da cancro è stata riconosciuta come una manifestazione non necessariamente dipendente dagli effetti devastanti del tumore. In molti casi, l'astenia può essere ricondotta alla diretta azione delle citochine prodotte dall'organismo in risposta alla presenza di una neoplasia. È possibile ricorrere a farmaci antidolorifici e assistere il paziente a gestire bene la poca energia residua.
Tra le cause organiche di astenia vanno prese in considerazione anche i farmaci come betabloccanti, calcioantagonisti, diuretici, ACE inibitori, antiaritmici, antidepressivi, antipsicotici, ansiolitici, narcotici e miorilassanti. Se la stanchezza non si accompagna a nessuna delle condizioni sopra descritte, allora, secondo alcuni esperti, si deve parlare di "sindrome da stanchezza cronica" (CFS), caratterizzata da un complesso di sintomi soggettivi e segni clinici diversi di tipo pseudo influenzale, dominati da un'astenia persistente e invalidante. "Probabilmente", sottolinea Fabrizio Conti, "non è una malattia nuova, in quanto è possibile rintracciare nella letteratura medica del passato numerosi quadri clinici con sintomi riconducibili alla CFS, ma con denominazioni diverse: neuroastenia, brucellosi cronica, sindrome da allergia totale, mononucleosi cronica, encefalomielite mialgica e così via. Soltanto nel 1987 sono stati messi a punto, dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta, i criteri operativi (poi modificati nel 1994) per la diagnosi e su cui costruire un sistema di sorveglianza della malattia. La sua definizione si basa solamente su sintomi e segni clinici, non essendo ad oggi rilevata alcuna modificazione dell'organismo su cui poter impiantare un test diagnostico, strumentale o di laboratorio. Il criterio maggiore per inquadrare la CFS rimane un'astenia severa, persistente o ricorrente da almeno 6 mesi, non alleviata dal riposo e che determina una riduzione drammatica della performance fisica del paziente. "L'astenia da sola non basta per formulare la diagnosi", sottolinea il clinico romano. "Vanno escluse tutte le condizioni morbose note prima dette con una sintomatologia simile alla sindrome. In uno studio pubblicato nel 1994 dal nostro gruppo, dopo 3 anni di osservazione, la CFS era diagnosticabile nel 10% dei pazienti con una stanchezza della durata di almeno 6 mesi".
Che cosa è?
AFFATICAMENTO inspiegato, persistente o ciclico, che dura da almeno 6 mesi:
- Insorto in un periodo abbastanza preciso
- Non alleviato dal riposo
- Che ha causato una riduzione dell'attività lavorativa, di studio, sociale e personale
- Caratterizzato da almeno 4 dei seguenti sintomi:
Sintomi che la accompagnano:
- Senso di caldo, freddo, febbricola, sudorazione
- Allergie e/o ipersensibilità alla luce, ai rumori, ai cibi, alle sostanze chimiche
- Fluttuazione dei sintomi
- Affaticamento anche per attività mentale
- Dolori muscolari
- Dolori articolari
- Cefalea non preesistente
- Ridotta memoria o concentrazione
Ma non è la depressione"VENT'ANNI di ricerche sulla fà tigue hanno prodotto alcune scoperte che spiegano il perché del sintomo. Ecco le 10 più importanti descritte da Anthony Komaroff, professore di medicina della Harvard Medical School e autorità riconosciuta in questo campo.
- La sindrome di affaticamento cronico (CFS) non è una forma di depressione e molti pazienti non hanno alcun disordine psichiatrico diagnosticato.
- Nei pazienti con CFS si può osservare uno stato di attivazione immunitaria cronica, con attivazione di cellule T, espressione genica che riflette un'iperstimolazione delle difese e livelli aumentati di citochine.
- C'è una sostanziale evidenza di una scarsa funzionalità delle cellule linfocitarie natural killer (NK) fondamentali per contrastare le infezioni virali.
- La risonanza magnetica fa vedere alterazioni nella materia bianca cerebrale e differenze di volume della materia grigia nei pazienti con CFS.
- Anche il metabolismo cerebrale risulta modificato alla tomografia computerizzata ad emissione di fotoni singoli (SPECT) e alla tomografia ad emissione di positroni (PET), così come il metabolismo energetico e la catena di trasporto degli elettroni ossidativi a livello mitocondriale.
- Evidenti sono anche le anomalie riscontrate nell'asse ipotalamo-ipofisario-surrenalico, ma anche nell'asse ipotalamo-prolattina e nell'asse ipotalamo-ormone della crescita.
- L'indebolimento cognitivo è comune nei pazienti con CFS. I disturbi più frequentemente documentati riguardano il deficit del processo di apprendimento, di memoria e/o dell'attenzione.
- Sono state evidenziate anche altre alterazioni del sistema nervoso autonomo, come l'incapacità di mantenere costante la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca in ortostatismo (in posizione eretta), con difficoltà del ritorno venoso (stasi ed edema delle gambe).
- I pazienti CFS presentano difetti dell'espressione di diversi gruppi di geni fondamentali per il corretto funzionamento del metabolismo energetico cellulare, così come a livello neuroendocrino, nervoso ed immunitario.
- Esiste il sospetto di una qualche responsabilità di infezioni attive latenti da herpes virus (virus di Epstein-Barr, HHV-6 e citomegalovirus) ed enterovirus. Indagini in corso stanno valutando il ruolo di altri agenti infettivi (batterio della malattia di Lyme, il virus australiano Ross River (RRV) e la febbre Q. Fonte: Chronic Fatigue and Immune Dysfunction Syndrome (CFIDS) Association of America, 2007
Non si tratta di una nuova malattia. Particolare interesse sta suscitando da un po' di tempo la cosiddetta "sindrome da stanchezza cronica" (CFS), caratterizzata da un complesso di sintomi soggettivi e segni clinici diversi di tipo pseudoinfluenzale, dominati da un'astenia persistente e invalidante. "Probabilmente", spiega Fabrizio Conti della divisione di reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, "non si tratta di una nuova malattia. Si rintraccia nella letteratura medica del passato numerosi quadri clinici riconducibili alla CFS, che hanno assunto di volta in volta denominazioni diverse: neuroastenia, brucellosi cronica, sindrome da allergia totale, mononucleosi cronica, encefalomielite mialgica, tanto per citarne solo alcuni. Soltanto nel 1987 sono stati messi a punto, dai Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, i criteri operativi (poi modificati nel 1994) per la diagnosi e su cui costruire un sistema di sorveglianza della malattia". La sua definizione si basa solo su sintomi e segni clinici perché non vi sono alterazioni dell'organismo rilevabili con un test diagnostico strumentale o di laboratorio. Il criterio maggiore per inquadrare la CFS è un'astenia severa, persistente o ricorrente da almeno 6 mesi, non alleviata dal riposo e che determina una riduzione drammatica della performance fisica del paziente. "Ma l'astenia non basta da sola per formulare la diagnosi", sottolinea il clinico romano. "Insieme vanno escluse tutte quelle condizioni morbose note, che sono numerosissime, con una sintomatologia simile alla sindrome. Secondo uno studio pubblicato nel 1994 dal nostro gruppo dopo 3 anni di osservazione, una classica CFS era diagnosticabile nel 10% dei casi di pazienti che si erano rivolti a noi lamentando una stanchezza della durata di almeno 6 mesi, mentre una forma meno grave, idiopatica (senza alcuna causa n.d.r.), raggiungeva quasi il 30%. Nel rimanente 60% dei casi il quadro clinico è riconducibile ad altre cause". La fatigue non è un sintomo specifico della sindrome da stanchezza cronica. Si ritrova, per esempio, anche nelle malattie infiammatorie croniche, tra cui le malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico (LES) e l'artrite reumatoide. "La stanchezza", spiega Conti, "può rientrare anche in una condizione morbosa molto frequente in ambito reumatologico come la fibromialgia, una malattia la cui origine ancora non è chiara e che presenta molti punti in comune con la CFS, pur se la sua caratteristica centrale è il dolore muscolare. Non esiste in questi casi una terapia specifica della stanchezza, la cura riguarda il quadro clinico generale".
Ecco i geni sospetti. In uno studio pubblicato nel 2006 su BMC Infectious Diseases sono stati seguiti per un anno 5 soggetti con mononucleosi infettiva che in seguito hanno sviluppato stanchezza post infettiva della durata di oltre sei mesi e 5 controlli che sono guariti entro tre mesi. I pazienti con stanchezza postinfettiva avevano un profilo di espressione genica indicativo di una risposta immunitaria alterata durante la fase acuta, rispetto a coloro che sono guariti senza sequele. Diversi geni, tra cui ISG20 (interferon stimulated gene), DNAJB2 (DnaJ [Hsp40] homolog and CD99), CDK8 (cyclindependent kinase 8), E2F2 (E2F transcription factor 2), and ACTN2 (actinin, alpha 2), erano espressi in modo diverso rispetto ai controlli nei casi di "stanchezza post infettiva". Alcuni dei geni espressi in modo differente controllano la funzione mitocondriale, compreso il metabolismo degli acidi grassi e il ciclo cellulare.
Lo stress causa della stanchezza cronica. Elevati livelli di stress, combinati con alcuni tratti caratteriali, possono predisporre alla cosiddetta Sindrome da fatica cronica (CFS). È la conclusione di uno studio svedese, che si proponeva di stabilire il ruolo dei fattori genetici e di quelli ambientali nello scatenamento di questa sindrome, caratterizzata da fatica persistente, dolori muscolari e articolari, disturbi del sonno, dell'umore, della memoria e della concentrazione. L'indagine, durata cinque anni e pubblicata su Archives of General Psychiatry, ha esaminato 19 mila gemelli tra i 40 e i 67 anni, nel quali sono stati cercati sintomi riferibili alla sindrome da fatica cronica. Le eventuali condizioni di stress preesistenti ed alcune caratteristiche di personalità dei soggetti erano state rilevate in modo sistematico negli anni precedenti. Un primo questionario di personalità infatti era già stato inviato tramite posta ai soggetti trent'anni prima della conclusione dello studio. Risultati: sia un elevato livello di instabilità emotionale (caratteristica individuale, non mediata da fattori esterni) che un forte stress (dovuto ad eventi esterni prima dell'insorgenza dei sintomi) possono dare origine ad una sindrome da fatica cronica. Dal confronto tra gemelli è risultato che il ruolo dell'instabilità emotiva ha una base genetica, predisponendo entrambi i gemelli alla sindrome, mentre le condizioni stressanti dovute alle vicende esistenziali sono, ovviamente, indipendenti dal corredo genetico. Altre caratteristiche di personalità, come l'estroversione, sono risultate ininfluenti. La ricerca conferma lo stress come fattore di rischio per la fatica cronica e pone le basi per una migliore comprensione della fisiopatologia della sindrome.
Esami di laboratorio utili in caso di fatigue:
- Emocromo completo con formula leucocitaria
- Velocità di eritrosedimentazione (Ves)
- Ormone stimolante la tiroide (TSH)
- Azotemia, creatininemia, sodiemia, potassiemia, calcemia, fosfocrceatininemia
- Transaminasi sieriche (GOT, GPT)
- Proteine totali e protidogramma elettroforetico
- Glicemia a digiuno
- Esame delle urine completo
La pubblicazione di ricerche e di editoriali dedicati alla CFS su prestigiose riviste scientifiche non ha ancora portato un chiarimento definitivo sulla natura della sindrome. E l'Organizzazione Mondiale della Sanità, nella sua ultima revisione della classificazione internazionale delle malattie (ICD10), prende in considerazione una "chronic fatigue syndrome", ma solo come variante della ben conosciuta neurastenia. Intanto negli Stati Uniti ed in Europa sono sorti Centri di riferimento in ospedali pubblici (m Italia sono ad Aviano e Chieti, come riportato nella tabella a sinistra) con lo scopo di chiarire la questione e anche associazioni di malati che chiedono una maggiore tutela sanitaria, sino all'inserimento della CFS tra le malattie che danno diritto a chiedere l'invalidità civile. L'Associazione malati di CFS onlus di Pana, nel 2005, inoltrò, senza successo, all'allora ministro della Salute Girolamo Sirchia la richiesta di riconoscimento ufficiale della malattia. Così ottenere il riconoscimento dell'invalidità civile è molto difficile. "Il consiglio", spiega Gualtiero Zucconi, amministratore del forum CFS Italia, "è di non rivolgersi a privati, ma ad uno dei due centri di riferimento nazionali (Aviano e Chieti). Solo in questo modo si può contare su una valutazione del proprio stato di salute che viene ritenuta più affidabile da parte delle commissioni per l'invalidità civile. In assenza, le commissioni fanno riferimento ai medici delle proprie aziende sanitarie locali che si comportano in modo autonomo con risultati differenti dall'una all'altra".
Autore: Redazione Medicina33.com