La pericolosità dei coloranti e degli additivi negli alimenti
Alimenti e medicine di un bel colore sono molto più appetibili e rassicuranti. Attenzione però agli additivi e ai coloranti, un vero rischio per la salute.I coloranti naturali (antocianine, carotenoidi, clorofille) sono instabili alla luce e al calore e il loro costo di produzione è assai elevato. Quelli artificiali possiedono spesso un'elevata tossicità , sebbene, secondo una valutazione complessiva, almeno per quanto riguarda le sostanze il cui uso è consentito nel nostro paese,non presentino rischi rilevanti. Ma la questione è un'altra: se sono inutili, perchè usarli?
Spezie, minerali e sostanze estratte dalle piante sono state largamente impiegate come coloranti per centinaia di anni per rendere il cibo più attraente. É,tuttavia, con la scoperta dei coloranti sintetici, avvenuta nel XIX secolo, che si è avuta una vera e propria svolta nel loro impiego. In particolar modo in Inghilterra, nei primi anni del secolo scorso, ci fu un abuso di queste sostanze per adulterare diversi alimenti d'uso quotidiano come latte, vino, formaggio, burro, pasta e dolciumi. Come riportato da Frederick Accum nel suo libro pubblicato a Londra nel 1820 dal titolo "A Trea-tise on Adulteration of Food and Culinary Poisons' all'epoca veniva addirittura impiegato un potente veleno come agente colorante di conserve, cioè il solfato di rame, a cui si attribuଠil decesso di molte persone per intossicazione acuta. Anche il tè, tradizionale bevanda inglese, non era esente da manipolazioni.
Foglie di acacia, sminuzzate e trattate con ossidi di rame, venivano vendute come tè cinese, mentre perfino lo stesso tè già usato veniva rivenduto come fresco dopo essere stato colorato con grafite. Neppure le caramelle e i dolciumi erano indenni da sofisticazioni, essendotrattati con solfato di piombo e di rame per apparire più attraenti.Attualmente ci sono in commercio oltre trenta composti chimici, utilizzati come coloranti per rendere più allettanti alimenti in genere poco appetibili e di scarsa qualità . Una prima classificazione di queste sostanze può essere fatta in base alla loro origine: esistono cioè coloranti sia naturali che sintetici. Quelli naturali, come ad esempio le antocianine (rosso, arancione e blu), i carotenoidi (giallo, rosso e arancione) e le clorofille (verdi) si estraggono principalmente dai vegetali. Tuttavia, l'uso di coloranti naturali è limitato Poichè essi sono instabili alla luce e al calore; per di più i costi di produzione risultano più elevati rispetto agli omologhi di sintesi. Questi ultimi si ottengono generalmente dalla distillazione di carbon fossile, in numero peraltro maggiore rispetto ai coloranti naturali, caratterizzati da ottime qualità chimico-fisiche come l'alta solubilità nell'acqua, la capacità di produrre differenti tonalità di colore ed un'elevata stabilità nel tempo. Tuttavia alcuni di questi composti di sintesi hanno dimostrato, in test di laboratorio, di possedere un'elevata tossicità rivelandosi in molti casi cancerogeni.
E ad esempio, il caso del E 127 (rosso eritrosina). Negli USA alcuni anni fa la Food & Drug Administration, cioè l'autorevole divisione del Dipartimento della salute del governo americano che sovrintende a tutti gli aspetti sanitari connessi con il commercio dei prodotti, ha bandito l'impiego di tale colorante per uso alimentare, medicinale e cosmetico, Poichè, in seguito ad esperimenti eseguiti su animali da laboratorio, era emersa la sua azione oncogena nei confronti della tiroide. Dopo questa scoperta sono state avviate ricerche al fine di evidenziare effetti nocivi sulla salute esercitati dai coloranti sintetici.
ciò ha comportato una limitazione nel loro impiego, regolandone l'uso. La legislazione comunquevaria da paese a paese: in Danimarca ad esempio ne sono stati proibiti 33, in Inghilterra 25, in Giappone 22, negli USA e in Canada 9. Nel nostro paese l'uso di coloranti sintetici è limitato in pratica solo a cinque: E124 (rosso cocciniglia A), E122 (Azorubina), E 127 (Eritrosina), E 110 (Giallo arancio) ed infine E 102 (Tartrazina). Di essi non si conosce con precisione ne la produzione ne il consumo. A tale proposiio non risulta che sia mai stata condotta una ricerca per valutare l'assunzione media di coloranti da parte della popolazione italiana, ma è stata stimata un'assunzione prಠcapite di circa un grammo/anno da estrapolazioni effettuate sui quantitativi commercializzati nell'arco di tale periodo, corrispondente per lo più al quantitativo trovabile in circa 50 litri di bevande analcoliche. Risulta, inoltre, che i settori dell'industria alimentare, che impiegano maggiormente coloranti, sono prevalentemente i produttori di caramelle, bibite, gelati e dolciumi vari. La fascia di consumatori è identificabile con facilità : si tratta in genere di bambini e adolescenti. Questo desta preoccupazione, innanzitutto perchè alcuni coloranti impiegati in passato, come, ad esempio, il famigerato E 123, hanno dimostrato in studi su animali da laboratorio di possedere attività cancerogena a lungo termine.D'altro canto la maggior parte di quelli che vengono ora largamente impiegati non hanno dimostrato di esercitare effetti tossici in animali da esperimento pur somministrati in dosi elevate.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) tiene sotto controllo tutto il settore degli additivi alimentari; infatti dal 1955 in poi, ogni anno si riunisce a questo scopo un apposito organismo, il Joint FAO-OMS Expert Commitee on FoodAdditives, composto da una decina di esperti di tutto il mondo che valuta tutte le proprietà tossicologiche dei coloranti e di altre sostanze chimiche aggiunte agli alimenti, al fine di stabilire per ognuno di loro le dosi giornaliere ammissibili (DGA). Ma chi garantisce che con i cibi assunti giornalmente non vengano superate le dosi limite massime accettabili? Per evitare di assumere in eccesso queste sostanze considerate inutili e pericolose è sufficiente controllare l'etichetta, in cui sono elencati tutti i componenti dei prodotti all'acquisto, che per legge i produttori sono obbligati ad esibire.Anche se si possono quindi escludere in linea di massima timori di cancerogenicità , visto che la dose senza effetto è stata stabilita con un elevato fattore di sicurezza, rimane una giustificabile preoccupazione per il fatto che diversi coloranti possono scatenare allergie e patologie quali edema delle labbra, della mucosa orale e laringea, orticaria diffusa, angioedema, asma, emicranie, ecc.
Un centro di ricerca inglese, il Food Additi ve Compaing Team, ha rilevato che ben il 12% dei ragazzi presenta qualche forma di intolleranza ai coloranti e che molti lavoratori di aziende produttrici di coloranti sono affetti da asma e bronchiti croniche.Oltre che a favorire l'insorgenza di svariate patologie, i coloranti sono pure responsabili dell'incoraggiamento ad una alimentazione a base di prodotti di scarso valore nutritivo, ricchi invece di grassi e zuccheri che facilitano il manifestarsi di disfunzioni me-taholiche.L'utilità nutritiva dei coloranti è nulla, anzi come si è visto essi possono essere il più delle volte dannosi alla salute dei consumatori, ma, essendo il loro costo di produzione talmente basso da permettere elevati utili, il loro consumo è suscettibile di considerevoli incrementi grazie anche alle campagne pubblicitarie. Infatti il colorante può costituire un distintivo elemento pubblicitario come ad esempio il verde dissetante, il rosso socializzante, ecc. Pur senza negare l'importanza dell'aspetto visivo, la domanda che inevitabilmente ci si pone è la seguente: vale la pena di rischiare, anche se minimamente, di danneggiare la propria salute soltanto per rendere gradevoli alla vista gli alimenti? La risposta sembra ovvia.
Autore: Redazione Medicina33.com
Spezie, minerali e sostanze estratte dalle piante sono state largamente impiegate come coloranti per centinaia di anni per rendere il cibo più attraente. É,tuttavia, con la scoperta dei coloranti sintetici, avvenuta nel XIX secolo, che si è avuta una vera e propria svolta nel loro impiego. In particolar modo in Inghilterra, nei primi anni del secolo scorso, ci fu un abuso di queste sostanze per adulterare diversi alimenti d'uso quotidiano come latte, vino, formaggio, burro, pasta e dolciumi. Come riportato da Frederick Accum nel suo libro pubblicato a Londra nel 1820 dal titolo "A Trea-tise on Adulteration of Food and Culinary Poisons' all'epoca veniva addirittura impiegato un potente veleno come agente colorante di conserve, cioè il solfato di rame, a cui si attribuଠil decesso di molte persone per intossicazione acuta. Anche il tè, tradizionale bevanda inglese, non era esente da manipolazioni.
Foglie di acacia, sminuzzate e trattate con ossidi di rame, venivano vendute come tè cinese, mentre perfino lo stesso tè già usato veniva rivenduto come fresco dopo essere stato colorato con grafite. Neppure le caramelle e i dolciumi erano indenni da sofisticazioni, essendotrattati con solfato di piombo e di rame per apparire più attraenti.Attualmente ci sono in commercio oltre trenta composti chimici, utilizzati come coloranti per rendere più allettanti alimenti in genere poco appetibili e di scarsa qualità . Una prima classificazione di queste sostanze può essere fatta in base alla loro origine: esistono cioè coloranti sia naturali che sintetici. Quelli naturali, come ad esempio le antocianine (rosso, arancione e blu), i carotenoidi (giallo, rosso e arancione) e le clorofille (verdi) si estraggono principalmente dai vegetali. Tuttavia, l'uso di coloranti naturali è limitato Poichè essi sono instabili alla luce e al calore; per di più i costi di produzione risultano più elevati rispetto agli omologhi di sintesi. Questi ultimi si ottengono generalmente dalla distillazione di carbon fossile, in numero peraltro maggiore rispetto ai coloranti naturali, caratterizzati da ottime qualità chimico-fisiche come l'alta solubilità nell'acqua, la capacità di produrre differenti tonalità di colore ed un'elevata stabilità nel tempo. Tuttavia alcuni di questi composti di sintesi hanno dimostrato, in test di laboratorio, di possedere un'elevata tossicità rivelandosi in molti casi cancerogeni.
E ad esempio, il caso del E 127 (rosso eritrosina). Negli USA alcuni anni fa la Food & Drug Administration, cioè l'autorevole divisione del Dipartimento della salute del governo americano che sovrintende a tutti gli aspetti sanitari connessi con il commercio dei prodotti, ha bandito l'impiego di tale colorante per uso alimentare, medicinale e cosmetico, Poichè, in seguito ad esperimenti eseguiti su animali da laboratorio, era emersa la sua azione oncogena nei confronti della tiroide. Dopo questa scoperta sono state avviate ricerche al fine di evidenziare effetti nocivi sulla salute esercitati dai coloranti sintetici.
ciò ha comportato una limitazione nel loro impiego, regolandone l'uso. La legislazione comunquevaria da paese a paese: in Danimarca ad esempio ne sono stati proibiti 33, in Inghilterra 25, in Giappone 22, negli USA e in Canada 9. Nel nostro paese l'uso di coloranti sintetici è limitato in pratica solo a cinque: E124 (rosso cocciniglia A), E122 (Azorubina), E 127 (Eritrosina), E 110 (Giallo arancio) ed infine E 102 (Tartrazina). Di essi non si conosce con precisione ne la produzione ne il consumo. A tale proposiio non risulta che sia mai stata condotta una ricerca per valutare l'assunzione media di coloranti da parte della popolazione italiana, ma è stata stimata un'assunzione prಠcapite di circa un grammo/anno da estrapolazioni effettuate sui quantitativi commercializzati nell'arco di tale periodo, corrispondente per lo più al quantitativo trovabile in circa 50 litri di bevande analcoliche. Risulta, inoltre, che i settori dell'industria alimentare, che impiegano maggiormente coloranti, sono prevalentemente i produttori di caramelle, bibite, gelati e dolciumi vari. La fascia di consumatori è identificabile con facilità : si tratta in genere di bambini e adolescenti. Questo desta preoccupazione, innanzitutto perchè alcuni coloranti impiegati in passato, come, ad esempio, il famigerato E 123, hanno dimostrato in studi su animali da laboratorio di possedere attività cancerogena a lungo termine.D'altro canto la maggior parte di quelli che vengono ora largamente impiegati non hanno dimostrato di esercitare effetti tossici in animali da esperimento pur somministrati in dosi elevate.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) tiene sotto controllo tutto il settore degli additivi alimentari; infatti dal 1955 in poi, ogni anno si riunisce a questo scopo un apposito organismo, il Joint FAO-OMS Expert Commitee on FoodAdditives, composto da una decina di esperti di tutto il mondo che valuta tutte le proprietà tossicologiche dei coloranti e di altre sostanze chimiche aggiunte agli alimenti, al fine di stabilire per ognuno di loro le dosi giornaliere ammissibili (DGA). Ma chi garantisce che con i cibi assunti giornalmente non vengano superate le dosi limite massime accettabili? Per evitare di assumere in eccesso queste sostanze considerate inutili e pericolose è sufficiente controllare l'etichetta, in cui sono elencati tutti i componenti dei prodotti all'acquisto, che per legge i produttori sono obbligati ad esibire.Anche se si possono quindi escludere in linea di massima timori di cancerogenicità , visto che la dose senza effetto è stata stabilita con un elevato fattore di sicurezza, rimane una giustificabile preoccupazione per il fatto che diversi coloranti possono scatenare allergie e patologie quali edema delle labbra, della mucosa orale e laringea, orticaria diffusa, angioedema, asma, emicranie, ecc.
Un centro di ricerca inglese, il Food Additi ve Compaing Team, ha rilevato che ben il 12% dei ragazzi presenta qualche forma di intolleranza ai coloranti e che molti lavoratori di aziende produttrici di coloranti sono affetti da asma e bronchiti croniche.Oltre che a favorire l'insorgenza di svariate patologie, i coloranti sono pure responsabili dell'incoraggiamento ad una alimentazione a base di prodotti di scarso valore nutritivo, ricchi invece di grassi e zuccheri che facilitano il manifestarsi di disfunzioni me-taholiche.L'utilità nutritiva dei coloranti è nulla, anzi come si è visto essi possono essere il più delle volte dannosi alla salute dei consumatori, ma, essendo il loro costo di produzione talmente basso da permettere elevati utili, il loro consumo è suscettibile di considerevoli incrementi grazie anche alle campagne pubblicitarie. Infatti il colorante può costituire un distintivo elemento pubblicitario come ad esempio il verde dissetante, il rosso socializzante, ecc. Pur senza negare l'importanza dell'aspetto visivo, la domanda che inevitabilmente ci si pone è la seguente: vale la pena di rischiare, anche se minimamente, di danneggiare la propria salute soltanto per rendere gradevoli alla vista gli alimenti? La risposta sembra ovvia.
Autore: Redazione Medicina33.com