I dieci punti della dieta mediterranea
Tutto il mondo oggi guarda all'italian way of eating e quindi alla dieta mediterranea, cioè al modo italiano di mangiare, il più vicino, secondo gli americani, ai dietary goals (obiettivi dietetici) stabiliti per conservare la salute. Il nostro tradizionale modello alimentare ha preso il nome di dieta mediterranea in quanto è basato soprattutto su prodotti tipici: poasta, frutta, verdura, olio d'oliva, pesce e pochi grassi animali.
La tutela della salute, dunque, sta negli ingredienti e nella ricchezza di sapori della cucina italiana: largo ai nostri piatti tradizionali, in particolare a quelli dell'Italia del Sud, dove, appunto, la gastronomia è fondata sull'olio d'oliva, sui cereali e sui vegetali. Un ritorno alle origini? Sicuro. La conquista della bistecca, infatti, non ci ha portato granché di buono. Vediamo il Manifesto per la cucina mediterranea italiana stilato qualche tempo fa da un gruppo di esperti, fra cui lo storico della gastronomia Massimo Alberini, l'eubiotico Luciano Pecchia, il professar Gianni Tornassi dell'Istituto Nazionale di Nutrizione, il giornalista-gastronomo Luigi Veronelli e lo chef Gualtiero Marchesi. Questo manifesto parte dall'accettazione che l'arte della cucina è uno degli atti evolutivi dell'essere umano e come tale modificabile solo e proprio con i tempi della sua evoluzione. I piatti tradizionali della cucina italiana rispondono a questo principio fondamentale e, per le caratteristiche che li distinguono, sono definibili col termine di cucina mediterranea. Si ha cucina mediterranea italiana quando sono rispettati i seguenti criteri:
1. Recupero delle tradizioni che per storia economica e gusto configurano una cucina povera di proteine animali e ricca di proteine vegetali, di amidi piuttosto che di zuccheri e grassi animali, quindi con l'olio d'oliva dominante.
2. Libertà e creatività , pur nel proposito dell'equilibrio in ogni piatto tra naturalezza e completezza.
3. Massima semplificazione possibile delle ricette, sia di cucina classica sia di cucina regionale, per la quale è necessario uno sforzo di unificazione linguistica.
4. Rispetto di una rigorosa consequenzialità di ogni atto del cucinare, con l'esclusione di ogni possibile iactus (salto).
5. Nessuna aggiunta, se non necessaria e meditata, di altri liquidi (acqua, panna, latte, vino ecc.).
6. Particolare ricerca (in primo luogo nel singolo piatto, ma anche nella successione delle portate offerte) della cosiddetta complementazione, cioè dell'unione con poca carne, pesce o pasta di più verdure o legumi, ciascuno con una proteina sua propria: tale che tutte insieme diventano sostitutive di quelle nobili animali, proprio in quanto vengono assimilate contemporaneamente.
7. Ricerca di un puntuale recupero degli ingredienti naturali, giunti appunto alla maturazione in maniera naturale e nel proprio habitat, quindi esclusione delle cosiddette primizie.
8. Assoluta freschezza e sanità di ciascun ingrediente.
9. Elementarità nelle cotture, ciascuno nel suo tipo e categoria, così da conservare al massimo i principi attivi e i sapori e colori originari.
10. Ogni piatto soddisfi, oltre che il senso del gusto, quello della vista, con la rigorosa scanditura, ogni volta che è possibile, dei singoli ingredienti a formare dei segni (disegni) provocanti anche per i colori, purchè questo non pregiudichi la spontaneità del piatto e la possibilità di scelta del commensale.
I piatti di questa cucina, esemplificando, si chiamano minestre e minestroni di tutti i tipi, pasticci all'italiana con verdure più carne e pesce, si chiamano frittate fatte con tutto, si chiamano zimini, cioè pesci e carni stufati con le verdure, ravioli, tortelloni magri, torte , paste asciutte con sughi di verdure, carni e pesce, il pesto, la vignarola romana con fave, piselli e carciofi.
É la cucina che, ci ha consentito di avanzare e che ora, con le ultime scoperte scientifiche, il mondo intero ci invidia perché salutare come nessun'altra.
Autore: Redazione Medicina33.com
La tutela della salute, dunque, sta negli ingredienti e nella ricchezza di sapori della cucina italiana: largo ai nostri piatti tradizionali, in particolare a quelli dell'Italia del Sud, dove, appunto, la gastronomia è fondata sull'olio d'oliva, sui cereali e sui vegetali. Un ritorno alle origini? Sicuro. La conquista della bistecca, infatti, non ci ha portato granché di buono. Vediamo il Manifesto per la cucina mediterranea italiana stilato qualche tempo fa da un gruppo di esperti, fra cui lo storico della gastronomia Massimo Alberini, l'eubiotico Luciano Pecchia, il professar Gianni Tornassi dell'Istituto Nazionale di Nutrizione, il giornalista-gastronomo Luigi Veronelli e lo chef Gualtiero Marchesi. Questo manifesto parte dall'accettazione che l'arte della cucina è uno degli atti evolutivi dell'essere umano e come tale modificabile solo e proprio con i tempi della sua evoluzione. I piatti tradizionali della cucina italiana rispondono a questo principio fondamentale e, per le caratteristiche che li distinguono, sono definibili col termine di cucina mediterranea. Si ha cucina mediterranea italiana quando sono rispettati i seguenti criteri:
1. Recupero delle tradizioni che per storia economica e gusto configurano una cucina povera di proteine animali e ricca di proteine vegetali, di amidi piuttosto che di zuccheri e grassi animali, quindi con l'olio d'oliva dominante.
2. Libertà e creatività , pur nel proposito dell'equilibrio in ogni piatto tra naturalezza e completezza.
3. Massima semplificazione possibile delle ricette, sia di cucina classica sia di cucina regionale, per la quale è necessario uno sforzo di unificazione linguistica.
4. Rispetto di una rigorosa consequenzialità di ogni atto del cucinare, con l'esclusione di ogni possibile iactus (salto).
5. Nessuna aggiunta, se non necessaria e meditata, di altri liquidi (acqua, panna, latte, vino ecc.).
6. Particolare ricerca (in primo luogo nel singolo piatto, ma anche nella successione delle portate offerte) della cosiddetta complementazione, cioè dell'unione con poca carne, pesce o pasta di più verdure o legumi, ciascuno con una proteina sua propria: tale che tutte insieme diventano sostitutive di quelle nobili animali, proprio in quanto vengono assimilate contemporaneamente.
7. Ricerca di un puntuale recupero degli ingredienti naturali, giunti appunto alla maturazione in maniera naturale e nel proprio habitat, quindi esclusione delle cosiddette primizie.
8. Assoluta freschezza e sanità di ciascun ingrediente.
9. Elementarità nelle cotture, ciascuno nel suo tipo e categoria, così da conservare al massimo i principi attivi e i sapori e colori originari.
10. Ogni piatto soddisfi, oltre che il senso del gusto, quello della vista, con la rigorosa scanditura, ogni volta che è possibile, dei singoli ingredienti a formare dei segni (disegni) provocanti anche per i colori, purchè questo non pregiudichi la spontaneità del piatto e la possibilità di scelta del commensale.
I piatti di questa cucina, esemplificando, si chiamano minestre e minestroni di tutti i tipi, pasticci all'italiana con verdure più carne e pesce, si chiamano frittate fatte con tutto, si chiamano zimini, cioè pesci e carni stufati con le verdure, ravioli, tortelloni magri, torte , paste asciutte con sughi di verdure, carni e pesce, il pesto, la vignarola romana con fave, piselli e carciofi.
É la cucina che, ci ha consentito di avanzare e che ora, con le ultime scoperte scientifiche, il mondo intero ci invidia perché salutare come nessun'altra.
Autore: Redazione Medicina33.com