Da cosa viene regolato il senso di appetito e sazietà ? Quali sono le categorie di persone che rischiano maggiormente di diventare obese?
Scientificamente per obesità si intende un aumento del peso corporeo superiore del 10% a quello ritenuto statisticamente normale per un soggetto di una determinata età , sesso e taglia. Ad esempio, un uomo di 40 anni, alto un metro e settanta deve pesare con i suoi indumenti circa 70 kg: un peso superiore a questo del 10% deve essere considerato come la manifestazione di una obesità iniziale. Le corrispondenze taglia-peso per le differenti età e per i due sessi consentono di definire rapidamente le condizioni di un soggetto in rapporto ai vari parametri presi in esame. L'obesità dipende raramente da una malattia: in questo caso deriva da una patologia dei tessuti grassi o della tiroide o delle ghiandole surrenali, ma allora non si tratta della banale obesità di cui intendiamo occuparci qui, ma di una alterazione endocrina che richiede un trattamento specifico.
In genere l'obesità non riconosce cause precise: infatti è una convinzione erronea credere che dipenda da un cattivo funzionamento ghiandolare, poiché molto spesso è l'aumento del peso che provoca un'alterazione funzionale di certe ghiandole, che quindi non sono responsabili del processo primario dell'obesità . Nella maggioranza dei casi si è obesi perché si mangia troppo e male per abitudine, per golosità e anche per cattiva educazione: poche persone conoscono il valore calorico di ciò che mangiano e il fabbisogno giornaliero.
L'appetito non è regolato in modo empirico, ma dipende da tre centri nervosi situati alla base del cervello: uno segnala che abbiamo fame e gli altri due che siamo sazi. Questi centri sono stimolati dalla concentrazione di zuccheri e di grassi che circolano nel sangue: se la concentrazione di queste sostanze è bassa viene stimolato il centro della fame, ma quando con gli alimenti si ristabilisce la concentrazione normale il senso di sazietà che si manifesta in noi per la stimolazione degli altri centri nervosi deve indurci a fermare la forchetta. Purtroppo il funzionamento di questi centri nervosi non è fisso: più si mangia e più il centro della fame è stimolato, mentre il centro della sazietà entra in azione in ritardo. Bisogna dunque dimenticare che è lo stomaco il luogo dove si manifesta la fame!
Non è nello stomaco, ma nella testa che si manifestano i fenomeni di fame e di sazietà . Se non teniamo presente questo fatto si cade nel paradosso che spesso i medici si sentono dire dai loro pazienti magri che mangiano troppo, mentre un soggetto grasso afferma spesso di non mangiare affatto. Questa situazione non è che apparente e dipende dall'assetto costituzionale del soggetto: non esiste infatti un'ingiustizia biologica, ma soltanto un falso meccanismo che non consente di valutare esattamente la quantità di alimenti assorbiti.
Sono quindi le cattive abitudini alimentari legate all'impreparazione che fanno ingrassare. Le prime vittime di questa impreparazione sono i bambini: per loro adottiamo molto spesso regimi alimentari eccessivi, perché si pensa che è meglio far invidia che pietà. Il risultato è di alterare i meccanismi di funzionamento dei centri della fame e della sazietà provocando di conseguenza un eccessivo senso di appetito. E da questo momento cominciano a moltiplicarsi di numero e ad aumentare di volume le cellule grasse dell'organismo chiamate adipociti. Conosciamo l'importanza di queste cellule nel metabolismo dei grassi e del colesterolo in particolare ed è appunto questo fatto che giustifica la relazione tra eccesso di peso e ipercolesterolemia.
Si sa anche che il numero di cellule grasse nell'organismo può aumentare, ma mai diminuire: tutt'al più il volume totale di queste cellule può ridursi, ma non diminuisce mai di numero: è questa una delle ragioni principali della ripresa di peso quando si abbandona affrettatamente una dieta dimagrante. Tutte queste nozioni, ormai note ai pediatri, hanno modificato il concetto dietetico dell'infanzia, per cui viene maggiormente curata la linea del bambino moderno riducendo in tal modo le possibilità di fare di lui un adulto obeso.
I diabetici sono un'altra categoria di obesi in parte responsabile e in parte vittima di questo stato. Responsabili, perché molto spesso nella genesi della loro malattia troviamo un periodo più o meno prolungato di eccessi alimentari durante il quale il peso di questi individui è cresciuto di 15-20 kg. Durante questo periodo il pancreas ha aumentato la sua produzione di insulina per far fronte all'eccessivo apporto alimentare: infatti questa secrezione è in genere proporzionale al peso del soggetto e aumenta quando il peso aumenta. Ne risulta un circolo vizioso al quale partecipano i centri della fame: più si mangia e più si ha fame, più si ingrassa e più si mangia. Il diabetico è dunque responsabile per il suo eccessivo mangiare dell'aumento della secrezione di insulina e diventa poi vittima dell'eccessivo ingrassamento. Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di diobesità .
Un'altra causa di obesità è quella familiare, ma questa familiarità non deve essere considerata in termini strettamente ereditari e quindi genetici. Infatti, anche in quelle famiglie dove dominano i soggetti di peso elevato esistono sempre membri che fanno eccezione. In costoro un attento esame permette di rilevare una netta differenza nelle abitudini alimentari: i magri mangiano molto meno dei loro parenti grassi che in genere hanno una razione calorica doppia o anche tripla. Queste constatazioni empiriche sono state confermate da studi precisi: per una determinata attività la quantità di calorie necessarie è sempre la stessa per ciascun individuo, per cui aumentare questa quantità significa ingrassare, mentre ridurre la stessa quantità vuoi dire perdere peso.
L'ultima categoria di obesi è costituita da quelle persone che una volta furono magre. É la categoria più numerosa: infatti quanti cinquantenni ingrassati rievocano con nostalgia i tempi felici in cui potevano mangiare ciò che volevano in funzione di un peso di venti chili inferiore all'attuale! Ed è proprio questa noncuranza prolungata per il proprio regime alimentare che ha creato la nuova situazione: si è verificata in questi casi una lenta indifferenza a un eccessivo apporto alimentare responsabile dell'aumento di peso esasperante.
L'obesità costituisce dunque un fattore di rischio arteriosclerotico, ma non in tutti i casi: infatti è possibile incontrare soggetti molto grassi in cui la longevità è uguale o superiore alla norma. Ma sono eccezioni che confermano la regola: andate a vedere lo stato delle loro arterie e vi troverete in tutti i casi di fronte ad anomalie più o meno gravi.
Autore: Redazione Medicina33.com
In genere l'obesità non riconosce cause precise: infatti è una convinzione erronea credere che dipenda da un cattivo funzionamento ghiandolare, poiché molto spesso è l'aumento del peso che provoca un'alterazione funzionale di certe ghiandole, che quindi non sono responsabili del processo primario dell'obesità . Nella maggioranza dei casi si è obesi perché si mangia troppo e male per abitudine, per golosità e anche per cattiva educazione: poche persone conoscono il valore calorico di ciò che mangiano e il fabbisogno giornaliero.
L'appetito non è regolato in modo empirico, ma dipende da tre centri nervosi situati alla base del cervello: uno segnala che abbiamo fame e gli altri due che siamo sazi. Questi centri sono stimolati dalla concentrazione di zuccheri e di grassi che circolano nel sangue: se la concentrazione di queste sostanze è bassa viene stimolato il centro della fame, ma quando con gli alimenti si ristabilisce la concentrazione normale il senso di sazietà che si manifesta in noi per la stimolazione degli altri centri nervosi deve indurci a fermare la forchetta. Purtroppo il funzionamento di questi centri nervosi non è fisso: più si mangia e più il centro della fame è stimolato, mentre il centro della sazietà entra in azione in ritardo. Bisogna dunque dimenticare che è lo stomaco il luogo dove si manifesta la fame!
Non è nello stomaco, ma nella testa che si manifestano i fenomeni di fame e di sazietà . Se non teniamo presente questo fatto si cade nel paradosso che spesso i medici si sentono dire dai loro pazienti magri che mangiano troppo, mentre un soggetto grasso afferma spesso di non mangiare affatto. Questa situazione non è che apparente e dipende dall'assetto costituzionale del soggetto: non esiste infatti un'ingiustizia biologica, ma soltanto un falso meccanismo che non consente di valutare esattamente la quantità di alimenti assorbiti.
Sono quindi le cattive abitudini alimentari legate all'impreparazione che fanno ingrassare. Le prime vittime di questa impreparazione sono i bambini: per loro adottiamo molto spesso regimi alimentari eccessivi, perché si pensa che è meglio far invidia che pietà. Il risultato è di alterare i meccanismi di funzionamento dei centri della fame e della sazietà provocando di conseguenza un eccessivo senso di appetito. E da questo momento cominciano a moltiplicarsi di numero e ad aumentare di volume le cellule grasse dell'organismo chiamate adipociti. Conosciamo l'importanza di queste cellule nel metabolismo dei grassi e del colesterolo in particolare ed è appunto questo fatto che giustifica la relazione tra eccesso di peso e ipercolesterolemia.
Si sa anche che il numero di cellule grasse nell'organismo può aumentare, ma mai diminuire: tutt'al più il volume totale di queste cellule può ridursi, ma non diminuisce mai di numero: è questa una delle ragioni principali della ripresa di peso quando si abbandona affrettatamente una dieta dimagrante. Tutte queste nozioni, ormai note ai pediatri, hanno modificato il concetto dietetico dell'infanzia, per cui viene maggiormente curata la linea del bambino moderno riducendo in tal modo le possibilità di fare di lui un adulto obeso.
I diabetici sono un'altra categoria di obesi in parte responsabile e in parte vittima di questo stato. Responsabili, perché molto spesso nella genesi della loro malattia troviamo un periodo più o meno prolungato di eccessi alimentari durante il quale il peso di questi individui è cresciuto di 15-20 kg. Durante questo periodo il pancreas ha aumentato la sua produzione di insulina per far fronte all'eccessivo apporto alimentare: infatti questa secrezione è in genere proporzionale al peso del soggetto e aumenta quando il peso aumenta. Ne risulta un circolo vizioso al quale partecipano i centri della fame: più si mangia e più si ha fame, più si ingrassa e più si mangia. Il diabetico è dunque responsabile per il suo eccessivo mangiare dell'aumento della secrezione di insulina e diventa poi vittima dell'eccessivo ingrassamento. Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di diobesità .
Un'altra causa di obesità è quella familiare, ma questa familiarità non deve essere considerata in termini strettamente ereditari e quindi genetici. Infatti, anche in quelle famiglie dove dominano i soggetti di peso elevato esistono sempre membri che fanno eccezione. In costoro un attento esame permette di rilevare una netta differenza nelle abitudini alimentari: i magri mangiano molto meno dei loro parenti grassi che in genere hanno una razione calorica doppia o anche tripla. Queste constatazioni empiriche sono state confermate da studi precisi: per una determinata attività la quantità di calorie necessarie è sempre la stessa per ciascun individuo, per cui aumentare questa quantità significa ingrassare, mentre ridurre la stessa quantità vuoi dire perdere peso.
L'ultima categoria di obesi è costituita da quelle persone che una volta furono magre. É la categoria più numerosa: infatti quanti cinquantenni ingrassati rievocano con nostalgia i tempi felici in cui potevano mangiare ciò che volevano in funzione di un peso di venti chili inferiore all'attuale! Ed è proprio questa noncuranza prolungata per il proprio regime alimentare che ha creato la nuova situazione: si è verificata in questi casi una lenta indifferenza a un eccessivo apporto alimentare responsabile dell'aumento di peso esasperante.
L'obesità costituisce dunque un fattore di rischio arteriosclerotico, ma non in tutti i casi: infatti è possibile incontrare soggetti molto grassi in cui la longevità è uguale o superiore alla norma. Ma sono eccezioni che confermano la regola: andate a vedere lo stato delle loro arterie e vi troverete in tutti i casi di fronte ad anomalie più o meno gravi.
Autore: Redazione Medicina33.com