Conservazione degli alimenti
La quasi totalità del cibo che consumiamo è costituita da alimenti coltivati, allevati e preparati in stagioni e luoghi diversi. Di qui l'esigenza di mantenere a lungo e inalterati i principi nutritivi. La conservazione è dunque un fattore preminente dell'alimentazione attuale. Ed è di fronte a questa semplice constatazione che bisogna prendere atto di come le sostanze conservanti siano oggi ineluttabilmente presenti sulle nostre tavole.
D'altro canto non è pensabile di privarsi di piselli e fagioli in scatola con la giustificazione che chissà che cosa contengono, quando si consumano con regolarità carni, prosciutti, insaccati, formaggi e frutta fresca contenenti anch'essi sostanze conservanti (perfino la frutta fresca: spesso, per farla arrivare sui mercati ancora integra. viene trattata con sostanze chimiche). II discorso, semmai, è di capire quali, quanti, che cosa sono i conservanti alimentari e in che misura sono nocivi. A dire il vero i pregiudizi nei confronti dei cibi conservati sono stati determinati, negli anni passati, soprattutto dai sospetti che circondavano alcune tra le sostanze conservanti e coloranti più adoperate. Sospetti, certo, ma molto cupi: si diceva che provocassero il cancro, che fossero responsabili di malattie degenerative, di squilibri ormonali e di ogni tipo di pericolo per la salute.
Diffidare dei coloranti non era poi del tutto ingiustificato dal momento che alcuni furono vietati dalla legge. Tuttavia, a conclusione di lunghe e difficili sperimentazioni effettuate in tutto il mondo, una commissione istituita dal senato degli Stati Uniti poté, ne 1982, stabilire che "allo stato attuale dei fatti non esiste una dimostrazione che l'aumentato impiego di additivi negli alimenti abbia contribuito in modo significativo al rischio di cancro nell'uomo". La legge italiana impone che le etichette dei prodotti posti in commercio elenchino le sostanze contenute, quindi anche gli additivi. Ma con tutta la buona volontà del mondo, difficilmente riusciamo a capire che cosa si nasconde dietro quelle parole così inusuali. Una cosa deve essere subito chiara: i conservanti sono indispensabili se vogliamo mangiare cibi non deteriorati (per i coloranti il discorso è diverso: servono soltanto ad abbellire i prodotti).
A meno che per la conservazione degli alimenti non vengano usati metodi diversi come l'azione del calore (pastorizzazione, sterilizzazione e sistema Uht), l'azione del freddo (come la congelazione e la surgelazione), l'eliminazione dell'acqua (disidratazione e liofilizzazione), l'irradiazione (radiazioni ionizzanti). Senza addentrarci nelle differenti tecniche, vediamo di capire che cosa sono in realtà i conservanti. Si tratta di sostanze di varia origine (ma i più usati vengono prodotti per sintesi) in grado di arrestare i numerosi processi chimici e biochimici che deteriorano gli alimenti freschi. Facciamo alcuni esempi. I saprofiti sono microrganismi che, distruggendo le proteine, provocano la putrefazione (come nella carne). Altri microrganismi fanno fermentare gli zuccheri, causando così l'inacidimento, mentre le muffe alterano il sapore. I conservanti evitano tutto ciò, ma il loro compito non è finito: sono attivi anche contro il pericoloso clostridium botulinum, germe che elabora una potente tossina, causa di una malattia letale, il botulismo. Inoltre evitano l'ossidazione dei grassi alimentari, una degenerazione dovuta alla reazione chimica dei grassi stessi con l'ossigeno dell'aria, che porta all'irrancidimento.
Per questi motivi i conservanti vengono divisi in due gruppi: gli antimicrobici e gli antiossidanti. Fra questi ultimi, uno dei più usati è l'acido ascorbico, cioè la vitamina C, ma troviamo anche l'acido citrico, i citrati di calcio, il butilidrossianisolo (o Bha) e il butilidrossitoluolo (o Bht). Per quanto riguarda gli antimicrobici, i più comuni sono l'acido serbico, l'acido benzoico, l'acido proprionico, i solfiti, l'anidride solforosa, i metabisolfiti, i nitriti e i nitrati. Anche se sono arrivate in ritardo rispetto agli altri paesi della Cee, le leggi italiane sono molto severe e restrittive in fatto di conservanti alimentari. Per quanto riguarda le industrie, va rilevato che le moderne tecniche di preparazione e conservazione, insieme alle ricerche scientifiche mirate a stabilire la dose ottimale di additivi che l'alimentazione giornaliera non dovrebbe superare, hanno contribuito a rassicurare i consumatori.
Da parte loro, i medici avvertono che è molto raro finire in ospedale a causa di prodotti industriali. Sono invece all'ordine del giorno le intossicazioni, anche gravi, da cibi preparati e conservati in casa. Infatti è difficile, forse impossibile trattare nella propria cucina gli alimenti con l'idea di raggiungere gli stessi risultati di un'industria alimentare. Anche perché bisogna fare in modo che i principi nutritivi non si disperdano nel corso della preparazione e della conservazione. Prendiamo la pelatura dei vegetali. Le industrie usano tecniche che vanno dal vapore all'abrasione, riducendo così gli scarti e le perdite di nutrienti. É infatti noto che le vitamine sono contenute subito al di sotto della buccia: una pelatura classica spesso le elimina dalla parte commestibile insieme alla buccia da buttare. Naturalmente, anche la preparazione industriale ha i suoi limiti: alla fine di tutti i procedimenti che subiscono, gli alimenti hanno perso alcuni tra i nutrienti più vulnerabili.
Riportiamo ora in sintesi ciò che ogni consumatore deve sapere.
Etichette.
La scelta di un prodotto è spesso dettata dall'immagine della confezione e dalla campagna pubblicitaria legata al prodotto stesso. Ma il consumatore deve andare oltre. La legge, che attua disposizioni della Cee impone l'etichetta per i prodotti alimentari preconfezionati e sfusi: per questi ultimi è il venditore che deve fornire le informazioni. Di conseguenza, che siano in scatola, in sacchetto sigillato, in banda stagnata, in bottiglia, in lattina, ecc.. tutti gli alimenti devono avere un elenco di informazioni come: il nome del fabbricante, il peso netto, il termine massimo di conservazione e gli ingredienti contenuti, le modalità di conservazione e utilizzazione quando sono necessari particolari accorgimenti, le istruzioni per l'uso dei prodotti, il luogo di origine e di provenienza. La legge non impone di riportare il valore nutrizionale, cioè il contenuto delle proteine, dei grassi, dei carboidrati e degli altri nutrienti. Queste indicazioni sono però obbligatorie per gli alimenti dietetici e per quelli destinati alla prima infanzia: per tutti gli altri, i dati sono a discrezione del produttore.
Additivi chimici.
Tra gli ingredienti da citare nelle etichette vi sono gli additivi. Come abbiamo già detto, si tratta di sostanze non contenute naturalmente negli alimenti. Vengono aggiunte per motivi diversi: per lavorare il prodotto, per conservarlo in maniera che non arrivi alterato sulle nostre tavole o per renderlo esteticamente più attraente.
Autore: Redazione Medicina33.com
D'altro canto non è pensabile di privarsi di piselli e fagioli in scatola con la giustificazione che chissà che cosa contengono, quando si consumano con regolarità carni, prosciutti, insaccati, formaggi e frutta fresca contenenti anch'essi sostanze conservanti (perfino la frutta fresca: spesso, per farla arrivare sui mercati ancora integra. viene trattata con sostanze chimiche). II discorso, semmai, è di capire quali, quanti, che cosa sono i conservanti alimentari e in che misura sono nocivi. A dire il vero i pregiudizi nei confronti dei cibi conservati sono stati determinati, negli anni passati, soprattutto dai sospetti che circondavano alcune tra le sostanze conservanti e coloranti più adoperate. Sospetti, certo, ma molto cupi: si diceva che provocassero il cancro, che fossero responsabili di malattie degenerative, di squilibri ormonali e di ogni tipo di pericolo per la salute.
Diffidare dei coloranti non era poi del tutto ingiustificato dal momento che alcuni furono vietati dalla legge. Tuttavia, a conclusione di lunghe e difficili sperimentazioni effettuate in tutto il mondo, una commissione istituita dal senato degli Stati Uniti poté, ne 1982, stabilire che "allo stato attuale dei fatti non esiste una dimostrazione che l'aumentato impiego di additivi negli alimenti abbia contribuito in modo significativo al rischio di cancro nell'uomo". La legge italiana impone che le etichette dei prodotti posti in commercio elenchino le sostanze contenute, quindi anche gli additivi. Ma con tutta la buona volontà del mondo, difficilmente riusciamo a capire che cosa si nasconde dietro quelle parole così inusuali. Una cosa deve essere subito chiara: i conservanti sono indispensabili se vogliamo mangiare cibi non deteriorati (per i coloranti il discorso è diverso: servono soltanto ad abbellire i prodotti).
A meno che per la conservazione degli alimenti non vengano usati metodi diversi come l'azione del calore (pastorizzazione, sterilizzazione e sistema Uht), l'azione del freddo (come la congelazione e la surgelazione), l'eliminazione dell'acqua (disidratazione e liofilizzazione), l'irradiazione (radiazioni ionizzanti). Senza addentrarci nelle differenti tecniche, vediamo di capire che cosa sono in realtà i conservanti. Si tratta di sostanze di varia origine (ma i più usati vengono prodotti per sintesi) in grado di arrestare i numerosi processi chimici e biochimici che deteriorano gli alimenti freschi. Facciamo alcuni esempi. I saprofiti sono microrganismi che, distruggendo le proteine, provocano la putrefazione (come nella carne). Altri microrganismi fanno fermentare gli zuccheri, causando così l'inacidimento, mentre le muffe alterano il sapore. I conservanti evitano tutto ciò, ma il loro compito non è finito: sono attivi anche contro il pericoloso clostridium botulinum, germe che elabora una potente tossina, causa di una malattia letale, il botulismo. Inoltre evitano l'ossidazione dei grassi alimentari, una degenerazione dovuta alla reazione chimica dei grassi stessi con l'ossigeno dell'aria, che porta all'irrancidimento.
Per questi motivi i conservanti vengono divisi in due gruppi: gli antimicrobici e gli antiossidanti. Fra questi ultimi, uno dei più usati è l'acido ascorbico, cioè la vitamina C, ma troviamo anche l'acido citrico, i citrati di calcio, il butilidrossianisolo (o Bha) e il butilidrossitoluolo (o Bht). Per quanto riguarda gli antimicrobici, i più comuni sono l'acido serbico, l'acido benzoico, l'acido proprionico, i solfiti, l'anidride solforosa, i metabisolfiti, i nitriti e i nitrati. Anche se sono arrivate in ritardo rispetto agli altri paesi della Cee, le leggi italiane sono molto severe e restrittive in fatto di conservanti alimentari. Per quanto riguarda le industrie, va rilevato che le moderne tecniche di preparazione e conservazione, insieme alle ricerche scientifiche mirate a stabilire la dose ottimale di additivi che l'alimentazione giornaliera non dovrebbe superare, hanno contribuito a rassicurare i consumatori.
Da parte loro, i medici avvertono che è molto raro finire in ospedale a causa di prodotti industriali. Sono invece all'ordine del giorno le intossicazioni, anche gravi, da cibi preparati e conservati in casa. Infatti è difficile, forse impossibile trattare nella propria cucina gli alimenti con l'idea di raggiungere gli stessi risultati di un'industria alimentare. Anche perché bisogna fare in modo che i principi nutritivi non si disperdano nel corso della preparazione e della conservazione. Prendiamo la pelatura dei vegetali. Le industrie usano tecniche che vanno dal vapore all'abrasione, riducendo così gli scarti e le perdite di nutrienti. É infatti noto che le vitamine sono contenute subito al di sotto della buccia: una pelatura classica spesso le elimina dalla parte commestibile insieme alla buccia da buttare. Naturalmente, anche la preparazione industriale ha i suoi limiti: alla fine di tutti i procedimenti che subiscono, gli alimenti hanno perso alcuni tra i nutrienti più vulnerabili.
Riportiamo ora in sintesi ciò che ogni consumatore deve sapere.
Etichette.
La scelta di un prodotto è spesso dettata dall'immagine della confezione e dalla campagna pubblicitaria legata al prodotto stesso. Ma il consumatore deve andare oltre. La legge, che attua disposizioni della Cee impone l'etichetta per i prodotti alimentari preconfezionati e sfusi: per questi ultimi è il venditore che deve fornire le informazioni. Di conseguenza, che siano in scatola, in sacchetto sigillato, in banda stagnata, in bottiglia, in lattina, ecc.. tutti gli alimenti devono avere un elenco di informazioni come: il nome del fabbricante, il peso netto, il termine massimo di conservazione e gli ingredienti contenuti, le modalità di conservazione e utilizzazione quando sono necessari particolari accorgimenti, le istruzioni per l'uso dei prodotti, il luogo di origine e di provenienza. La legge non impone di riportare il valore nutrizionale, cioè il contenuto delle proteine, dei grassi, dei carboidrati e degli altri nutrienti. Queste indicazioni sono però obbligatorie per gli alimenti dietetici e per quelli destinati alla prima infanzia: per tutti gli altri, i dati sono a discrezione del produttore.
Additivi chimici.
Tra gli ingredienti da citare nelle etichette vi sono gli additivi. Come abbiamo già detto, si tratta di sostanze non contenute naturalmente negli alimenti. Vengono aggiunte per motivi diversi: per lavorare il prodotto, per conservarlo in maniera che non arrivi alterato sulle nostre tavole o per renderlo esteticamente più attraente.
Autore: Redazione Medicina33.com