Come si trasmettono le malattie ereditarie?
Quando si parla di " carattere ereditario " normale ci si riferisce a un determinato aspetto generale o particolare di origine genetica dell'organismo, come la struttura o la funzione di un organo, la sua forma o le sue dimensioni, il colore degli occhi o dei capelli, una facoltà mentale o una attitudine e via dicendo. Ma il più delle volte il carattere ereditario normale è determinato non da un unico gene, bensì da molti geni situati in cromosomi diversi.
Come si è già detto, i geni patologici sono unità elementari che hanno la stessa natura dei geni normali e anche il loro meccanismo di trasmissione ereditaria è il medesimo. Tuttavia non sempre la loro rispettiva influenza su un carattere è dello stesso ordine. Infatti si possono verificare due eventualità : un carattere normale, dipendente da un numero più o meno grande di geni, può diventare patologico per azione di un unico gene o di una sola coppia di geni; oppure geni patologici situati in cromosomi diversi sono in grado di provocare la stessa malattia.
Un esempio del primo caso è la cecità ereditaria (per alterazione di sviluppo dell'occhio o per degenerazioni della retina, o per cateratte, ecc.) che può derivare dalla presenza di un solo gene patologico in una qualunque delle zone cromosomiche dove si trovano i geni che danno origine all'occhio. Un esempio del secondo caso è la retinite pigmentosa ereditaria (degenerazione progressiva della retina con un deposito di pigmento e alterazione dei vasi sanguigni, che inizia generalmente nell'infanzia e porta alla cecità ) la quale il più delle volte si trasmette in modo recessivo alle femmine attraverso il cromosoma sessuale X, o anche ai maschi attraverso un cromosoma non sessuale; oppure in modo dominante ai maschi e alle femmine mediante un cromosoma sessuale Y o X, o per mezzo di un cromosoma non ses suale.
Una stessa malattia ereditaria può essere dunque trasmessa con modalità diverse. Questo fenomeno, detto di eredità multipla, si può spiegare solo ammettendo che più geni patologici, situati in cromosomi diversi, possano determinare, singolarmente se dominanti, o accoppiati se recessivi, malattie eguali o per meglio dire molto rassomiglianti tra loro.
La grande maggioranza delle malattie ereditarie è provocata da un unico gene patologico; talvolta un solo gene patologico è all'origine di una sindrome cioè di un insieme di caratteri morbosi; rari sono poi i casi (e confinati quasi esclusivamente nel campo delle affezioni nervose) in cui più geni patologici concorrono alla comparsa di una malattia.
Ma è errato credere che la presenza di un gene o di un gruppo di geni patologici sia sempre sufficiente per provocare fatalmente una determinata malattia. Anzitutto, come si è detto, esistono geni che ora si comportano come dominanti, ora come recessivi, quindi la loro trasmissione è condizionata e variabile: ad esempio, quelli della retinite pigmentosa sopra citati, dell'emeralopia (cattiva visione alla luce crepuscolare) e dell'atrofia muscolare progressiva. Inoltre la comparsa di una malattia ereditaria e la sua gravita dipendono, non si dimentichi, rispettivamente dalla penetranza (capacità di determinare un dato carattere) e dall'espressività (grado del carattere manifestato) del gene che la provoca: ebbene, la maggior parte dei geni patologici ha una penetranza più o meno debole e una scarsa espressività . Infine bisogna tener conto dell'ambiente, le cui condizioni possono essere, a volte, determinanti nel contribuire all'insorgenza di una malattia ereditaria.
Quando poi la penetranza e l'espressività dei geni patologici raggiungono livelli infimi, al punto da non determinare una malattia evidente, riconoscere un disturbo di natura ereditaria può diventare molto difficile, ma non impossibile, se i geni patologici manifestano debolmente la loro esistenza con sintomi particolari. Gli esempi non mancano, specialmente riguardo allo stato eterozigote: i consanguinei dei malati di asma bronchiale possono presentare una serie di manifestazioni allergiche minori come orticaria o raffreddore da fieno;quelli dei malati di gotta, un tasso di acido urico nel sangue più elevato del normale; quelli dei malati di anemia mediterranea (morbo di Cooley o talassemia) una leggera anemia e anomalie dei globuli rossi; quelli dei malati di retinite pigmentosa, una lieve ma netta modificazione della retina.
Autore: Redazione Medicina33.com
Come si è già detto, i geni patologici sono unità elementari che hanno la stessa natura dei geni normali e anche il loro meccanismo di trasmissione ereditaria è il medesimo. Tuttavia non sempre la loro rispettiva influenza su un carattere è dello stesso ordine. Infatti si possono verificare due eventualità : un carattere normale, dipendente da un numero più o meno grande di geni, può diventare patologico per azione di un unico gene o di una sola coppia di geni; oppure geni patologici situati in cromosomi diversi sono in grado di provocare la stessa malattia.
Un esempio del primo caso è la cecità ereditaria (per alterazione di sviluppo dell'occhio o per degenerazioni della retina, o per cateratte, ecc.) che può derivare dalla presenza di un solo gene patologico in una qualunque delle zone cromosomiche dove si trovano i geni che danno origine all'occhio. Un esempio del secondo caso è la retinite pigmentosa ereditaria (degenerazione progressiva della retina con un deposito di pigmento e alterazione dei vasi sanguigni, che inizia generalmente nell'infanzia e porta alla cecità ) la quale il più delle volte si trasmette in modo recessivo alle femmine attraverso il cromosoma sessuale X, o anche ai maschi attraverso un cromosoma non sessuale; oppure in modo dominante ai maschi e alle femmine mediante un cromosoma sessuale Y o X, o per mezzo di un cromosoma non ses suale.
Una stessa malattia ereditaria può essere dunque trasmessa con modalità diverse. Questo fenomeno, detto di eredità multipla, si può spiegare solo ammettendo che più geni patologici, situati in cromosomi diversi, possano determinare, singolarmente se dominanti, o accoppiati se recessivi, malattie eguali o per meglio dire molto rassomiglianti tra loro.
La grande maggioranza delle malattie ereditarie è provocata da un unico gene patologico; talvolta un solo gene patologico è all'origine di una sindrome cioè di un insieme di caratteri morbosi; rari sono poi i casi (e confinati quasi esclusivamente nel campo delle affezioni nervose) in cui più geni patologici concorrono alla comparsa di una malattia.
Ma è errato credere che la presenza di un gene o di un gruppo di geni patologici sia sempre sufficiente per provocare fatalmente una determinata malattia. Anzitutto, come si è detto, esistono geni che ora si comportano come dominanti, ora come recessivi, quindi la loro trasmissione è condizionata e variabile: ad esempio, quelli della retinite pigmentosa sopra citati, dell'emeralopia (cattiva visione alla luce crepuscolare) e dell'atrofia muscolare progressiva. Inoltre la comparsa di una malattia ereditaria e la sua gravita dipendono, non si dimentichi, rispettivamente dalla penetranza (capacità di determinare un dato carattere) e dall'espressività (grado del carattere manifestato) del gene che la provoca: ebbene, la maggior parte dei geni patologici ha una penetranza più o meno debole e una scarsa espressività . Infine bisogna tener conto dell'ambiente, le cui condizioni possono essere, a volte, determinanti nel contribuire all'insorgenza di una malattia ereditaria.
Quando poi la penetranza e l'espressività dei geni patologici raggiungono livelli infimi, al punto da non determinare una malattia evidente, riconoscere un disturbo di natura ereditaria può diventare molto difficile, ma non impossibile, se i geni patologici manifestano debolmente la loro esistenza con sintomi particolari. Gli esempi non mancano, specialmente riguardo allo stato eterozigote: i consanguinei dei malati di asma bronchiale possono presentare una serie di manifestazioni allergiche minori come orticaria o raffreddore da fieno;quelli dei malati di gotta, un tasso di acido urico nel sangue più elevato del normale; quelli dei malati di anemia mediterranea (morbo di Cooley o talassemia) una leggera anemia e anomalie dei globuli rossi; quelli dei malati di retinite pigmentosa, una lieve ma netta modificazione della retina.
Autore: Redazione Medicina33.com